Inaugurazione: Giovedì 23 maggio 2019, alle 18.30
In mostra dal 24 maggio al 27 settembre 2019
La mostra “Margini di cielo” è dedicata alla pittura di Maria Callegaro e Alessandro Santoro. Si tratta di una ventina di opere create da due artisti lontani per età e provenienza ma accomunati da un immaginario sconfinato che dai “mali” della terra alza gli occhi verso un cielo dove tutto ancora può accadere.
Non ha mai toccato un pennello fino a 76 anni. Una vita dura quella di Maria Callegaro (1919-2013): lavora fin da adolescente per aiutare la famiglia; si sposa giovanissima a cavallo della Seconda guerra mondiale, e quando il marito si ammala di Alzheimer lei lo assiste costantemente. Lo specialista che ha in cura Mario la introduce alla pittura perché possa condividere le sue visioni. Inizia così un’intensa attività pittorica che la porterà in poco più di dieci anni a produrre oltre quattrocento opere.
Il suo non è un viaggio introspettivo, non la retorica dell’emozione e dell’intimità: l’artista rappresenta il contrasto costante nella vita dell’uomo tra bene e male, materia e spirito. La storica dell’arte Bianca Tosatti individua in lei una visionaria medianica: “Indimenticabili gli azzurri trafitti da schegge d’oro, così come quei vortici spiraliformi che a volte si ritrovano nelle iconografie cosmologiche dell’inferno, dei paradisi o comunque tutto ciò che sta oltre. Dentro a questo azzurro naviga una visionarietà sconfinata” scrive sul catalogo della mostra “Longevi Visionari” (Museo Ala Ponzone, Cremona 2006). La sua produzione pittorica è preceduta e accompagnata da un ricco lavoro onirico. E’ dal cielo che Maria trae la sua ispirazione. Secondo l’artista il nostro mondo è orribile ma Dio (il sole, e quindi vita, amore, energia, presente nella maggior parte delle tele) ci aiuta a riflettere e a scegliere quale sarà il nostro destino. Ma infrangere le leggi del cielo porta dolore e distruzione. E allora le stelle invece della rugiada fanno cadere sulla terra la “ruggine”, sostanze velenose e infettive. Pittura e parola procedono parallele. L’artista depositaria di un antico sapere sente di doverlo trasmettere alle generazioni future. “Il mio compito è di far capire all’umanità che è sulla strada sbagliata”.
Anche la pittura di Alessandro Santoro (1969-2007) rappresenta una cosmogonia dove forme circolari come sfere, ruote e spirali si avvicendano contro uno sfondo-cielo, in questo caso, non azzurro ma blu notte. A illuminarle non il sole ma la luna, in forma di disco o falce ma anche di parola. Alessandro comincia a dipingere nel ’91 con l’acuirsi di un disagio psichico. Realizza anche più di un quadro al giorno, si sveglia di notte per riempire la tela, spesso fronte e retro tanto che in un decennio realizzerà un migliaio di disegni e circa 400 quadri.
Nelle sue opere lo spazio urbano appare attraversato da forze contrastanti, minacciose: cavi e macchinari tecnologici la soffocano, serpenti o sorta di insetti incombono dall’alto come presagi di un disastro imminente. E poi ci sono gli Eviotali, le creature con un occhio solo, frutto della sua immaginazione che androgini e filiformi galleggiano “in un posto privo di peccato originale – scrive Santoro – … o solo si lasciano circondare dalle acque, dai cieli, piante, frutti e terra”. Gli Eviotali che ricordano i manichini stilizzati di Enzo Cucchi e Mimmo Paladino possiedono “lune, traiettorie e scie… possiedono la vanità della verità” e per questo “vorrebbero istruire a vivere”. Queste grandi figure che dominano le tele perdono via via di stabilità, le pennellate circolari e profonde sfumano i contorni. E l’atmosfera diventa più cupa come testimoniano alcuni titoli La fatica del vivere, La colpa, Stretta mortale. Fino a quando improvvisamente l’artista decide di smettere di dipingere.
Galleria Maroncelli 12 – Milano
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